Il Canto

Il canto monodico e polifonico a Sinnai

La musica popolare ed il canto in particolare ha sempre suscitato nella Ns. Cittadina grande interesse sin dai tempi antichi.

Particolarmente ricco è il panorama dei canti monodici, sicuramente i più  vetusti e arcaici sono caratterizzati dal fatto che vengono eseguiti senza accompagnamento strumentale oppure sono all’unisono. Di questi ricordiamo: l’Ave Maria eseguita tutt’ora nelle processioni che accompagnano i Santi, Is Attitidus canti funebri  in uso sino al qualche decennio fa, Is Oratzionis preghiere cantate a tutte le ore del giorno che scandivano il passare della giornata, i canti della settimana Santa e Is Goccius hanno tutti matrice religiosa, come in tutta l’isola.

Mentre per i canti a carattere profano, per la stragrande maggioranza accompagnati a coro, ricordiamo: is trallaleras e lairellelara, jandemironnai,  is muttetus, la poesia improvvisata  con Is Cantadoris  accompagnati da “su basciu e contra”; quest’ultima riveste un’importante ruolo di settore ed è attualmente praticata sotto forma di gare poetiche. Ancora ricordiamo is canzonis a chitarra e is anninias.

Il patrimonio dei canti polivocali riguarda un contesto storico più recente, ma è altrettanto importante è autentico in quanto seguono normalmente i canoni musicali tradizionali che si rifanno sempre alla ritmica del  ballo sardo o al suono delle Launeddas.

Nella musica corale religiosa sono da ricercarsi le prime espressioni della polivocalità, con canti armonizzati nel pieno rispetto dei vecchi testi originali a due o tre voci per cori misti ed anche per le sole voci virili.

Intenso lavoro in tal senso venne effettuato a cavallo degli anni 40 e 50 dal noto musicista sinnaese, Maestro Guglielmo Murgia, già direttore della Banda Musicale dal 1930 succedendo al M. Adolfo Rachel. Le composizioni più note sono: Celesti Tesoru (Anniniu de Maria SS. a su Nennu Gesusu) musicata anche per sole voci virili, Ave Maria, O Maria Graziosa, A Ninnia a Ninnia, Is Cruelis (Atitidus de Nostra Sennora), Goccius, per quanto riguarda i canti religiosi.

La nascita dei Cori folcloristici negli anni 1950 e 60 hanno segnato un viatico per l’incremento esponenziale dell’attività componentistica musicale con arrangiamenti e armonizzazioni di canti monodici già esistenti che venivano opportunamente rivisitati per l’ottenimento di un impatto melodico più orecchiabile.

Infatti, canti profani, come Anninora Cuccumeu, Mi e La, Cant’e Balla e Serenada, sempre con musiche del Maestro G. Murgia hanno avuto grande effetto e consenso degli ascoltatori.

L’attività corale del Maestro G. Murgia raggiunge il suo apice dal punto di vista tecnico esecutivo, quando con il  “Coro Folcloristico Serpeddì” partecipa a due famosi concorsi corali internazionali a Lienz (Austria) nel 1962 e a Llangollen nel Galles (Gran Bretagna) nel 1965.

Dello stesso periodo ricordiamo, sempre nell’ambito folkloristico, un altro amante del canto sardo,  il Maestro Elementare e direttore di coro Giuseppe Piroddi, studioso e autodidatta  ha diretto formazioni corali sino ai primi anni 80.

Nello stesso periodo è  doveroso ricordare il Sacerdote Don Carmine Fais, il quale nei primi anni del suo insediamento nella chiesa parrocchiale di S. Barbara, si prodigò nell’allestire una formazione Corale di tutto rispetto, chiamata Licinio Refice; che annoverava sicuramente in quel momento storico, a detta di molti intenditori, le migliori voci di Sinnai. La corale svolse la sua attività dal 1975 al 1984 in un contesto principalmente religioso e secondariamente anche in quello concertistico.

L’attività corale tradizionale, e non, ha vissuto naturalmente alti e bassi, ma ha sempre suscitato forte interesse nel sinnaese che si è sempre cimentato in variegate esperienze musicali a tutti i livelli; attualmente si contano otto formazioni corali.

IL proliferare di corali e quindi di Maestri o Direttori porta indubbiamente dei benefici ma anche dei rischi dovuti alla soggettiva sensibilità interpretativa della cultura musicale tradizionale. Per cui la musica corale popolare sicuramente non va vista solo nella prospettiva della conservazione estrema “de su connutu”, ma può  essere anche continuazione, crescita e, talvolta anche trasformazione “purché non troppo spinta”.